Il sistema bancario della Repubblica di San Marino potrebbe presto chiedere aiuto al FMI. Sembrano confermarlo alcune indiscrezioni trapelate in mattinata dai palazzi dell’enclave italiano, secondo cui la piccola Repubblica non avrebbe più le forze e le risorse per affrontare gli strascichi della crisi economica del 2008.
Non sembrano essere più sufficienti, quindi, le riforme alle pensioni e le limitazioni agli stipendi dei dipendenti pubblici, che già facevano il palio con gli ampi tagli alle spese di gestione e lotta allo spread che San Marino osserva da tempi non sospetti. La speculazione insinuerebbe che la richiesta da far pervenire al Fondo Monetario Internazionale ammonterebbe a circa 300 milioni di euro, da ottenere nella forma del prestito.
Banche San Marino: crisi colpa dei crediti deteriorati
Si tratterebbe del minimo indispensabile per ricapitalizzare e risanare il fragile sistema bancario locale, vittima da alcuni anni di quei crediti deteriorati che tanto hanno spaventato anche altre economie nazionali, certamente più solide e importanti.
Le voci di corridoio, tuttavia, corrono di pari passo insieme a dati reali. Sono quelli diramati ad esempio dalla BCSM (Banca Centrale della Repubblica di San Marino) che in recente rapporto ha affermato che ben il 117% del prodotto interno lordo nazionale è costituto proprio da crediti deteriorati.
Non ci è dato sapere se i contatti fra la Repubblica e l’istituto di credito con sede negli Stati Uniti siano stati davvero avviati, certo è che proprio dal Fondo è arrivata la smentita ufficiale riguardo ogni eventuale scambio di carteggio con il Governo sammarinese, che quindi non sembra esserci stato.
Il no delle opposizioni
Tuttavia, se due indizi fanno una prova, ai dati della BCSM va poi aggiunto il comunicato diramato l’altro ieri dalle opposizioni parlamentari, che esprimono “grande preoccupazione per la mancanza totale di dati senza i quali è impossibile ragionare di un qualsivoglia prestito erogato dal FMI o da altre istituzioni, da tutte le forze presenti al tavolo”.
“Queste politiche – continua la nota – altro non porteranno che un ulteriore contrazione dei consumi e delle capacità di spesa delle famiglie, soffocando nel contempo quei timidi segnali di ripresa economica che si vedono all’interno della Repubblica”.