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Concorso insegnamento scuole pubbliche: le novità del 2019

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A differenza di alcuni settori per i qual anche si continua ad assumere con le modalità previste da sempre (come ad esempio quello della Marina militare), per l’anno prossimo si prospettano grandi novità nell’ambito dell’insegnamento pubblico. Recenti indiscrezioni infatti hanno segnalato che il Ministero dell’Istruzione sta attualmente vagliando la possibilità di riformare il sistema di accesso alle cattedre. La novità principale dovrebbe riguardare nel titolo da possedere, che sarebbe solo quello della Laurea, così da permettere anche ai più giovani di immettersi sin da subito nel mondo del lavoro.

Insegnare nel 2019: via il FIT, rimane il concorso

Tradotto “in soldoni”, questo potrebbe voler dire abolizione del FIT. In più di una circostanza infatti il Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Marco Bussoni ha fatto presente che oggi il meccanismo per diventare docente è troppo articolato e macchinoso, e che obbligare i giovani laureati a seguire un ulteriore percorso di formazione potrebbe essere più dannoso che utile.

Sembrano dimostrarlo i numeri di quest’anno, in cui sono state messe a disposizione circa 60 mila cattedre, la metà delle quali ancora non sono state coperte. L’idea del ministro pare essere comunque quella del mantenimento di un qualche tipo di percorso di integrazione esami valido ai fini del reclutamento, al termine del quale tuttavia il laureando sarà già messo in condizione di insegnare.

Il concorsone nazionale quindi dovrebbe rimanere, ma modificato nella sua anima. Non più un tot di posti prestabiliti in maniera quasi casuale, ma tani quante saranno le richieste da parte delle scuole. I vincitori del concorso dovranno tuttavia accettare di insegnare per un numero minimo di anni nella provincia di assunzione, almeno all’inizio. Solo in un secondo momento sarà possibile chiedere il trasferimento.

Evidentemente, un’idea c’è ma ancora deve essere discussa e vagliata in profondità, sebbene con buona probabilità il risultato finale dovrà rispecchiare il “cambiamento di rotta” paventato a più riprese dal Ministro.

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