A causa dello stress da lavoro che si manifesta con sintomi d’ansia, insonnia, malesseri come mal di schiena e problemi intestinali “piano piano – spiega Mencacci – si perde la capacità di saper rispondere alle richieste che arrivano dall’ambiente circostante e ci si sente sempre più marginale, inerme, passiva, fino all’emarginazione. Il risultato è che abbiamo perso un lavoratore, ma anche una persona. E soprattutto nel caso della donna – la cui identità e autostima sono ormai legate al lavoro e non solo all’immagine tradizionale di moglie, madre e custode della casa – a pagare il prezzo di questa perdita è anche la famiglia“.
Il risultato tangibile di tutto ciò è che oggi 9 donne su 10 soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore: su tutti l’ansia (45%), seguita da sindrome pre-mestruale (43%), irritabilità ed eccessiva tendenza al pianto (41%), insonnia (39%) e depressione (20%). Difficile affrontare il lavoro in queste condizioni soprattutto per le donne giovani alle prese con le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio), e per quelle che lavorano a contatto con il pubblico: entrambe le categorie sono più vulnerabili agli stati d’ansia e in percentuali minori a sindromi depressive, che sono invece più tipiche dell’uomo adulto con mansioni esecutive. Anche se per legge le aziende sono obbligate a misurare lo stress a cui sono sottoposti i dipendenti, oggi questo aspetto è trascurato. Solo il 20% delle aziende ha preso iniziative in risposta a questo decreto legislativo presente già dal 2010. “C’è ancora moltissimo da fare – avverte lo psichiatra – anche perché non si può sottovalutare il fatto che i disturbi psichici sono in aumento“