“Eppur si muove”, recita una celebre massima attribuita a Galileo. E in effetti sembra essere questa la situazione dei risparmiatori, almeno da quanto trapela da alcune dichiarazioni di certi politici e dal rinnovato interesse per quegli atteggiamenti che avevano contraddistinto il modus operandi di “fare cassa” dei nostri nonni (vedi ad esempio il massiccio ricorso in tempi recenti a prodotti che sembravano defunti come quello dei Buoni fruttiferi postali).
Tuttavia, la situazione reale sembra essere lievemente differente, soprattutto se paragonata con quanto emerso dal “Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane 2017” pubblicato oggi dalla Consob. Secondo il documento, nonostante gli sforzi profusi dai cittadini e nonostante le dichiarazioni in pompa magna dei rappresentanti politici, la ricchezza degli italiani oggi è paragonabile a quella dell’era pre-crisi.
E questo, se vogliamo, potrebbe anche essere un valore positivo, se paragonato a quanto si è assistito durante gli anni bui che hanno contraddistinto l’andamento economico dal 2008 in poi. Secondo Consob, rispetto all’anno scorso sono aumentati sia il reddito familiare che l’attenzione al risparmio, ma di pari passo aumenta il livello di indebitamento delle famiglie. Nonostante una richiesta di accesso al credito che non ha mai trovato una vera e propria stabilità, il 2017 è stato uno degli anni in cui in Italia è stato concesso il maggior numero di prestiti.
Nota positiva: gli italiani risultano comunque fra i meno indebitati d’Europa. Il rovescio della medaglia ci vede fra gli ultimi per consapevolezza nel saper investire, o anche in campi ben più popolari come quello del riuscire a comprendere i concetti di “tasso di interesse”, “rapporto fra rischio e rendimento”, “inflazione” e “diversificazione”. Fra tutti gli intervistati dalla Consob, una forchetta che varia dal 30% al 50% non ha la minima idea di cosa significhino nello specifico queste parole; percentuale che scende a livelli quasi imbarazzanti (10%) se le domande si fanno più tecniche.
Italiani quindi bravi a risparmiare e a non indebitarsi, ma non ad investire. Una carattetteristica che in fondo contraddistingue i nostri connazionali dalla notte dei tempi, e ci qualifica anche nel terzo millennio come uno dei popoli più parsimoniosi, ma meno propensi al rischio.